Proprio questa mattina, parlando degli interventi dello Stato in economia, qualcuno mi ha chiesto perché spendere soldi pubblici per la ricerca. La risposta arriva proprio dal Presidente della Repubblica Napolitano che ha parlato a Ginevra nel corso di un incontro con i ricercatori del Cern, il più importante laboratorio di fisica del mondo: “Anche in questa fase di tagli della spesa pubblica, di rigore in seguito all’accumulo di un grande stock di debito pubblico – chiarisce il Capo dello Stato – ritengo che i tagli della spesa pubblica non possano essere fatti con il machete. Non si possono mettere sullo stesso piano tutte le spese…ci sono voci di spesa che non possono essere sacrificate in modo schematico e alla leggera, perché sono in un certo senso dei finanziamenti dati ai nostri giovani, alla scienza e al nostro futuro…Dobbiamo pensare che è in gioco il ruolo dell’Italia nel mondo, in una fase in cui rischia di declinare anche il ruolo mondiale dell’Europa di fronte all’avanzata nel campo della ricerca di Paesi, come quelli asiatici, da secoli ai margini dello sviluppo. Se l’Europa non vuole essere condannata a giocare un ruolo minore, il nostro patrimonio scientifico va accresciuto e questo dipende da noi”.
La verità è che l’Italia spende in ricerca soltanto l’1% del prodotto interno lordo in ricerca mentre la media dell’Unione Europea è quasi il doppio.
Chissà quando verrà in mente alle nostre istituzioni, di far crescere un po’ quell’uno percento. Cosa deve succedere per fargli capire l’importanza della ricerca?